Avrebbero
voluto quello che qualunque essere umano vuole: una casa sicura, una vita vera;
senza paura. Hanno incontrato la morte. Sono le migliaia di migranti che nella
fuga verso una vita migliore hanno invece visto la vita sfuggire dalle loro
stesse mani. Sono le migliaia di migranti che in questi giorni sono
rappresentati dalla foto del piccolo Aylan
Kurdi, annegato e ritrovato su una spiaggia turca senza vita. Hanno perso
la vita anche la madre ed il fratello. Il padre Abdullah è l'unico membro della
famiglia ad essere sopravvissuto ma, dice, non ha più nulla per cui vivere. In
una breve frase rilasciata alla CNN ha detto: “Tutto ciò che sognavo non c'è
più. Voglio solo seppellire i miei figli e sedermi vicino a loro fino alla mia
morte”.
A
scattare l'ormai tristemente famosa foto è stato Nilüfer Demir, giornalista per
la Doğan News Agency turca. "Non c'era più nulla da fare se non scattare
la fotografia. Non c'era niente da fare e questo è esattamente ciò che ho
fatto. Ho pensato che fosse l'unico modo per esprimere il grido del suo corpo
silenzioso". La domanda che la foto ha sollevato è stata semplice, anche
se arrivata troppo in ritardo. Non c'era
in effetti un modo per garantire una vita più sicura per Aylan e la sua
famiglia?
La
storia di questa famiglia non è molto diversa da quelle di altri che hanno
rischiato il tutto per tutto viaggiando in condizioni disumane su barconi,
treni o a piedi per giorni interi, pensando di raggiungere un altro Paese che
somigliasse al paradiso. La foto del
bambino ha certamente scosso la coscienza dell'Europa, che però tuttora
fatica a trovare una politica unitaria che serva da soluzione all'emergenza
immigrazione. L'Europa si basa sì su dei principi cardine che obbligano ad
accogliere i rifugiati, ma davvero non
c'è nulla in più da poter fare? Più di 2.600 persone sono morte nel corso
di quest'anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere
l'Europa. Ma di cosa stiamo parlando? Rifugiati, criminalità, traffico umano,
omicidio. Una grande mescolanza di problematiche rispetto alle quali l'Europa
sembra paralizzata e all'interno della quale spesso si dimentica che ci sono
uomini, donne e bambini disperatamente in cerca della vita.
Intanto
un rimprovero alle coscienze dell'Europa sembra aver risvegliato alcuni leader
dell'Unione nell'aprire i propri confini ai rifugiati. L'Inghilterra accoglierà 20.000 rifugiati siriani in più.
"Continueremo a mostrare al mondo che questo è un Paese
compassionevole" - ha affermato Cameron - "pronto a difendere i
propri valori e ad aiutare chi ne ha bisogno". Certo è che questo numero
sarà diluito per cinque anni, tanto che Cameron è già stato accusato di essere
di gran lunga indietro rispetto a quelle che sono le reali necessità per
l'accoglienza dei rifugiati.
Se si
pensa ad i numeri dichiarati dalla Francia,
che accoglierà nel corso dei prossimi due anni 18.000 rifugiati arrivati in
Germania nel corso di questa settimana, i numeri inglesi sembrano essere
piuttosto bassi ed insufficienti. Il presidente francese Hollande ha inoltre
dichiarato di voler accogliere 30.000 migranti nell'arco di due anni. Riguardo
all'Inghilterra ha affermato: "Non si può pretendere solidarietà quando
c'è un problema e tirarsi indietro dai propri doveri quando si presenta una
soluzione". Intanto in Germania
si fa largo la paura di un tracollo economico a causa di nuovi miliardi
stanziati dal Paese per l'aiuto ai rifugiati. La cancelliera tedesca Angela
Merkel ha infatti dichiarato che la Germania è pronta ad accogliere nel corso
di quest'anno almeno 800.000 rifugiati. Altri 2.500 migranti sono stati accolti
ieri, accanto ai 18.000 dello scorso weekend. La Merkel ha inoltre dichiarato
di essere felice che il nome della Germania venga adesso associato a quello di
speranza. Guardando indietro alla storia - prosegue - questo risultato è da
ritenere prezioso.
Qualcosa, dunque, in Europa si muove. La
domanda che però si fa pressante è quanto in effetti i Paesi europei, oltre ai
numeri dell'economia, siano pronti non solo ad accogliere i rifugiati, ma ad
offrire loro una vita dignitosa. Ci
vuole, insomma, un'Europa unita nell'economia, nella politica e, soprattutto,
nell'umanità.
(9 settembre 2015)