È
un periodo che, miracolosamente, dormo bene quasi tutte le notti. Poggio la
testa sul cuscino, apro un libro – abitudine presa nell’adolescenza – e, mentre
qualche anno fa vedevo arrivare simultaneamente l’epilogo della storia e
l’alba, ora mi addormento dopo tre pagine, con il libro sulla faccia e la bocca
aperta. Non sono del tutto certa di essermi liberata dell’insonnia, ma per ora
sono appagata: è un bel po’ che non si fa vedere.
Ricordo
ancora la sensazione di vuoto, di grande di quando chiudi gli occhi e sai che
quella notte – anche quella – sarà una lunga notte; ricordo il panico e il mio
rigirarmi, imperterrita, tra le lenzuola cercando un rimedio a quel male;
ricordo le camminate intorno al tavolo, tra le mani una camomilla bollente;
ricordo i libri di scuola – quelli che di giorno mi facevano sbadigliare ogni
tre minuti – letti in piena notte sperando in un miracolo. Ma, soprattutto,
ricordo la stanchezza durante il giorno, i caffè doppi e gli occhi cerchiati di
viola. Ricordo la fatica di concentrazione e l’addormentarsi nel tavolo.
Ricordo l’irritabilità, l’aggressività e le crisi di pianto. Perché chi non
dorme non ha energie, ed è costretto a vivere una vita senza riuscire a goderne
appieno. Gli adulti, dicono gli esperti, devono dormire almeno sei ore per
notte; solo così si “ricarica” il cervello.
Molti
non sanno che l’insonnia è strettamente
legata alla depressione e in molti casi non è chiaro quale delle due piaghe
sia la causa e quale l’effetto. Pensiamo che chi è depresso dorma troppo, diventando
letargico; in realtà sta a letto a causa del suo disagio, per estraniarsi dal
mondo, per sentirsi isolato – ancora più di quanto già non sia – mentre non
dorme affatto. Anche gli specialisti tendono a sottovalutare il problema: i
farmaci ipnotici non sono un rimedio, in quanto, generando un sonno chimico
possono solo peggiorare la situazione. Spesso un evento scatenante dà vita
all’insonnia, ma altre volte sono stress e ansia a far precipitare la
situazione – anche le malattie alla tiroide potrebbero influire negativamente
sul sonno. Il pensiero continuo di non riuscire a prendere sonno fa sì che la
mente si concentri su quanto e come il giorno successivo sarà difficoltoso,
creando altra ansia.
Se
la mancanza di sonno è causata da problemi molto gravi come un debito o una
malattia bisogna tener conto del fatto che la notte amplifica le sensazioni e
fa vedere le cose in modo pessimistico. Una delle terapie più usate e più utili
è la terapia cognitivo-comportamentale:
il terapista aiuta a eliminare le giostre mentali che ci evitano di prendere
sonno. Se ancora non vi sentite pronti a rivolgervi a uno specialista e volete
tentare da soli, tenete presente che ogni uomo ha bisogno di diverse ore di sonno
– per uno potrebbero essere otto, per un altro quattro-cinque ore potrebbero
essere più che sufficienti – quindi andate a dormire solo quando siete
realmente stanchi facendo in modo di puntare la sveglia sempre alla stessa ora
la mattina, persino nel weekend: questo regolerà il vostro orologio biologico.
Potreste
anche provare il training autogeno – la ripetizione di particolari frasi che
attivano una determinata regione dell’ipotalamo che rallenta respiro e funzione
cardiaca come nel sonno – e la mindfulness – una forma di
meditazione che aiuta a concentrarsi sul proprio corpo, sul proprio respiro e
sui propri sensi favorendo il rilassamento.
(1° novembre 2015)