Fa notizia in questi giorni il tasso di
crescita della popolazione italiana: un tasso straordinariamente basso, il più
basso a partire dall’Unità d’Italia. In poche parole, la crescita nel nostro
Paese è pari a zero. Stop. Siamo fermi.
I fattori di questa crescita zero sono tanti: c’è chi, come Camillo Langone (giornalista
de Il Foglio), ha individuato come unica
causa del crollo delle nascite la crescente percentuale di donne laureate nel nostro Paese. Il problema, agli occhi di chi,
come la scrivente è donna ed è pure laureata, non risiede di certo nella
prosecuzione degli studi superiori, bensì nella mancanza di sussidi statali per le famiglie, nella mancanza di asili nido
comunali e di aiuti vari. Un ulteriore problema, macroscopico, è poi il lavoro.
La crescita è zero perché, se sei donna e hai tra i 18 ed i 29 anni (in realtà
pure dopo), è molto difficile trovare un lavoro in Italia, figuriamoci un
lavoro ben retribuito.
Ci troviamo così, noi donne, a barcamenarci tra un
lavoretto e l’altro, tra il contratto settimanale e quello di un mese (ad
essere fortunate!) ma a tempo determinato o a voucher poiché le garanzie non
devono mai essere troppe. Comprendo meglio i dati Istat se mi soffermo un
momento a pensare. Spesso le donne di oggi devono rinunciare non solo ai beni
futili, rimandabili, ma addirittura ai beni sostanziali ed indispensabili,
poiché il lavoro manca o è saltuario e quindi arrivare a fine mese diventa una sfida.
Non è neppure colpa delle coppie di
fatto, poiché tanti giovani sposati perdono il lavoro o hanno già un lavoro
precario e quindi la prospettiva di un bebè si sposta sempre più avanti,
nonostante una rassicurante fede al dito. Questo crollo delle nascite sembra
quindi dovuto perlopiù a cause economiche e non culturali e sociali. Il
pregiudizio delle “ragazze di oggi” che si divertono in discoteca è ormai da
accantonare.
La mia generazione, per intenderci quella
delle nate nei primi anni Novanta, si ritrova in questa situazione: per
giustificare la mancanza di figli viene tacciata di eccessiva e sterile cultura
o di troppa dissolutezza. È assurdo! In un mondo in cui i ragazzi di oggi (futuri papà
di domani) si trovano nella stessa condizione delle donne, con lavori saltuari,
sottopagati, con orari allucinanti ma soprattutto anch’essi senza alcuna
garanzia, come si può pensare con serenità ad una prospettiva di ingrandimento
familiare?
Io rimanderei quindi l’analisi a tempi
più felici, perché la sola asettica frase “crescita zero” nasce da un
variopinto mondo di inconvenienti attuali che coppie giovani e meno giovani
devono affrontare ogni giorno. Il livello di crescita è basso, come era basso
all’Unità d’Italia, momento storico di grande fermento politico e patriottico
ma anche di intensa povertà e fame diffusa in tutta la Penisola. Questo forse
ci deve far riflettere. In più, a quell’epoca, le donne laureate si contavano
sulle dita di una mano e le discoteche neppure esistevano.
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