Introspezione,
religione, comprensione, viaggio nel tempo, raccolta di racconti a metà tra
fiaba e realtà. “Quest’opera, composta da scritti più o meno lunghi dai
contenuti vari, accompagna il lettore in un viaggio della mente, inizialmente
attraverso lo spazio e poi attraverso il tempo” troviamo scritto nella
prefazione, e ciò non potrebbe essere più vero. Ed è incanto.
Nessuno
ci spiega che, a mano a mano che la lettura andrà avanti, finiremo in mondi
paralleli, interessanti e dettagliati; nessuno ci spiega che sarà
l’immaginazione, a farla da padrona; nessuno ci spiega che quasi ci sembrerà di
immaginare i protagonisti, le loro emozioni e i loro modi di essere. Nessuno ci
spiega la magia insita nelle parole, altamente riflessive, e nei contenuti dal
carattere psicologico – che recano l’ambizione di provare a spiegare l’animo
umano nelle sue immense e varie sfumature. Nessuno ce lo spiega, non nei
dettagli almeno. Ma ciò è un bene: quando capiremo di avere davanti un viaggio
nel tempo, tutto sarà migliore.
Stress,
ansia e depressione sono le patologie più diffuse tra gli esseri umani, in
questo mondo marchiato 2.0, frenetico e privo di valori. La gente è convinta di
riuscire a vincere l’ansia della vita moderna – vita passata a rincorrere la
felicità piuttosto che a godere dei giorni di sole – scappando. Non capisce che
per evadere dalla routine quotidiana basta un libro che incanti, che porti a
sognare. Ecco quello che accade, quando si legge Santiago.
Si
tratta di una raccolta di racconti, come anticipato.
Il
racconto che dà il nome all’intera raccolta è un’accurata descrizione del
viaggio alla volta di Santiago de Compostela. Manuel, il nostro protagonista,
si mette in marcia mosso da una religiosità profonda. Tiene, durante il
cammino, un diario minuzioso. Mentre narra dei posti che vede e dei chilometri
che lo separano dal traguardo, fa un tuffo in ciò che è stato e non è più.
Era
un torero, nel passato. Ricorda ancora l’emozione di trovarsi dinanzi a un
toro, la sensazione di forza mista a paura, di potere misto a fragilità.
“Un
toro indemoniato mi venne incontro, puntando la mia persona come un ariete
impazzito, e la folla si era alzata in piedi per incoraggiarmi.”
Attimi
di panico che, accompagnati dalle grida degli spettatori, si mescolano
all’adrenalina. Ma, presto, per il toro la vita vola via – insieme a quel
barlume di dignità che ha provato a difendere con unghie e denti.
“Poi
cadde su un fianco, era quasi asfissiato dalla sua stessa emorragia interna
mentre rimaneva ancora retto a fissarmi, fin quando posò la testa dritta con
orgoglio sul suolo della sabbia insanguinata.”
Manuel,
a quel ricordo, quasi lacrima. Il suo è quasi un cammino di redenzione,
un’espiazione che non troverà mai – ne è certo. Il toro, nel suo immenso
orgoglio, viene umiliato, durante le corride, viene mutilato e infastidito. E
per quale motivo? Affinché la sua fine sia eclatante per chi guarda?
“Tuttavia,
cresceva in me una forte sensibilità alle cose, fino a quando una volta fui
casualmente informato che un toro Miura, a me destinato, era stato picchiato
con sacchi di sabbia alle reni; poi gli avevano cosparso della trementina sulle
zampe così da renderlo irrequieto, facendogli perdere il controllo dell’arena.
Seppi che posero della vasellina sugli occhi per vedere annebbiato e ancora,
quei vigliacchi misero delle toppe nelle narici e nella gola per non farlo
respirare. La goccia che fece traboccare il vaso e mi fece imbestialire quando
un giorno nell’arena, al passare del toroal mio fianco, mi ferirono la mano
destra degli aghi che gli avevano conficcato nel corpo.”
Trattamenti
disumani, abominevoli; un animale fiero come il toro mortificato, sminuito. Il
sapore del suo sangue, però, tormenta Manuel che non sa quando potrà trovare la
pace. Nelle sue parole, fatte di comprensione e cambiamento, possiamo trovarla
persino noi, auspicando un finale lieto per quell’anima buona che ha compreso
che nella vita conta essere buoni e avere un briciolo di umanità.
Tutti
i racconti hanno un valore recondito, una perla. Possiamo immedesimarci in
ognuno dei personaggi, possiamo provare le loro stesse emozioni, i loro stessi
sentimenti.
Ci
scopriamo innamorati della Gioconda, come il famoso Vincenzo Peruggia. La
guardiamo con i suoi occhi, la rimiriamo e la desideriamo dinanzi a noi.
“Io
la trovo stupenda e passo ore dedicandole l’adorazione, e, nonostante io abbia
disinteresse per molte cose, sono invece concentrato a osservare i lineamenti
del suo viso, meravigliosi e audaci. La Gioconda è generosa e gentile, mi
guarda con gli occhi di chi sa di essere osservata e mi fa presagire grandi
promesse, ma, anche se non si avvereranno mai, mi rende partecipe dei suoi sogni.”
Lui
la ama, nello stravagante modo con cui un uomo può amare un dipinto –
eccentricamente e senza alcuna logica. Ne ammira i lineamenti, la squadra, le
parla, proprio come si fa con un partner in carne ed ossa. Tuttavia, nonostante
per mesi l’abbia tenuta accanto a sé, non stenta a prendere una decisione
importante, malgrado sia rischioso.
Ci
troviamo incantati dalla storia del principe Gil. La saggezza e il mistero di
nonno Abel ci rapisce, trasportandoci lì, accanto al fuoco mentre, con la sua
voce pacata ma chiara, racconta una storia ai limiti della magia. Ha tanti,
troppi anni – nessuno sa con esattezza quanti – e un carisma unico, una
personalità imponente. Siamo nel nostro divano, a leggere con calma la vicenda,
ma a noi sembra di essere con i ragazzi accanto al “fuoco acceso e
scoppiettante”, pronti per “una nuova avventura”. Un re buono, una regina senza
troppa voglia di essere umile, umana. La magia, filo che unisce ogni vicenda
senza speranza. Una foresta rossa, misteriosa e fantastica. Ingredienti
necessari per il successo. La fine arriverà troppo presto.
Tifiamo
per Davide, pur sapendo già che avrà la meglio su Golia – siamo abituati a
studiarlo, seppure questa vicenda sia descritta in modo sensibile e pieno di
emozione.
Leggeremo
con interesse della scoperta archeologica e della povera fine della scultura di
legno della giovane nella tomba di Tutankhamon. I fatti ci verranno raccontati
con gli occhi di Carter, colui che fece l’imponente scoperta, e noi lettori, a
cui è data l’opportunità di avere tra le mani questo testo, vedremo la fortuna
scorrere dinanzi ai nostri occhi come accadde a lui.
Ci
divertiamo a leggere di Giacomo, Miriam e Ciro. Sono in vacanza nella
bellissima Sardegna – una terra meravigliosa e speciale e vi assicuro che non
sono di parte, o forse solo un pochino – e pregustano un riposo senza se e
senza ma.
“L’intento
comune era chiaro per tutti, un luogo sereno nella natura spartana e semplice
in un mare spettacolare.”
Mentre
passano le loro giornate all’insegna del godimento del paradiso in terra,
trovano una pietra. Si accorgono subito che non è una pietra normale: è in
grado di far viaggiare nel tempo. Cosa si prova a tornare indietro fino a
conoscere Annibale? Quale strana ansia può stringere il petto di chi vede dal vivo
l’Homo Sapiens?
Tremiamo
per Lucy, morta 3,4 milioni di anni fa, e per la piccola Selam. In questa
vicenda, la realtà viene unita alla fantasia con un gioco capace di stregare. Particolarmente
interessante è il modo di fondere fatti scientifici con fantasiose supposizioni
che proprio nel loro essere al limite recano la propria dolce e forte rarità.
Per
ultimo, ma non come importanza, c’è il racconto “Grandi anime solitarie”. In
questo racconto c’è un grande quesito e una paura che odora di ansia.
“E
che quest’opera sia pervasa da un profondo desiderio di conoscenza, che vada
oltre i meri dati, lo dimostra anche il racconto Grandi anime solitarie, nel
quale si percepisce chiaramente quel senso di aspirazione superiore del sapere
che solo gli spiriti eletti possono provare.”
Per
concludere, posso dire che ci sono molti modi per viaggiare nel tempo. Diciamo
che questo libro è la nostra pietra: così come i protagonisti di “La spirale
meravigliosa” – analizzato poc’anzi – usano una pietra per teletrasportarsi
all’epoca dei Mammut, noi possiamo usufruire di questo libro. Stravaccati nel
nostro divano preferito con, tra le mani, un tè ghiacciato che ci rinfreschi,
possiamo volare in epoche diverse, potendo provare le emozioni dei
protagonisti. Eccolo, il valore della lettura.
FERNANDO
ZANNI nasce a Tradate, nella provincia di Varese. Dedica gran parte della sua
vita all’attività di orafo, mediante la quale può esprimere la sua creatività e
la sua fantasia. Viaggia molto ed è particolarmente affascinato dall’India: in
questa terra, caratterizzata da una cultura controversa e profonda, non
esaurisce la sua fame di conoscenza. Scopre che mediante la scrittura si può,
non solo imparare, ma anche comunicare le sensazioni nascoste nel cuore e
nell’anima.
TITOLO:
SANTIAGO
AUTORE:
FERNANDO ZANNI
PAGINE:
164
CASA
EDITRICE: BOOKSPRINT EDIZIONI
ANNO:
2016