Vari
allarmi sono stati lanciati in questi ultimi mesi dal mondo dell’editoria circa
lo stato della lettura in Italia ed i dati del 2015 appaiono poco rassicuranti.
In Italia, infatti, solo il 41% della popolazione di età maggiore a 6 anni
legge almeno un libro all’anno non legato ad attività scolastica o
professionale. Di questi “lettori abituali”, circa il 50% è collocato nelle
regioni del centro-nord contro il cospicuo 30% del Meridione. Non solo. Da
quanto emerge dalle ultime statistiche editoriali, le donne leggono molto più
degli uomini, ricoprendo un valore del 48%, mentre la controparte maschile si
assesta appena attorno al 34%. Negli ultimi anni è stato riscontrato un sorprendente incremento
nella produzione di letteratura per ragazzi (+5.6%, soprattutto nella fascia
di età tra gli 11 e i 14 anni), così come un valore positivo è stato raggiunto
dal mercato degli e-book che hanno toccato quota 10%. Ciò significa che il
libro digitale, le cui vendite si aggiravano nel 2011 attorno al 5%, ha
conquistato una fetta cospicua di lettori, raddoppiando addirittura il suo
valore in poco meno di cinque anni.
Le
regioni che registrano il maggior numero di lettori sono la Lombardia (che
assorbe oltre il 25% della produzione nazionale), Lazio ed Emilia Romagna (con
un tasso superiore al 10%). Seguono Veneto, Piemonte, Toscana e Campania (dove
le percentuali si assestano tra il 5% e il 10%), mentre dati allarmanti arrivano
da regioni come Abruzzo, Basilicata, Calabria e Molise (che non raggiungono
neppure la soglia del 2% di lettori). Dunque,
un panorama piuttosto variegato e complesso che evidenzia, tuttavia, un più
basso livello culturale proprio in quelle regioni meno sviluppate dal punto di
vista socio-economico. Considerando la tipologia di lettura scelta a livello
nazionale, inoltre, è possibile notare che i generi più venduti in Italia sono
la narrativa, la saggistica di ambito umano-sociale, e la letteratura per
ragazzi. Mentre all’ultimo posto della lunga classifica si collocano libri di
teatro e poesia (appena lo 0,36% delle vendite totali).
Una
situazione per niente incoraggiante sta in questi anni coinvolgendo anche il
settore delle librerie indipendenti, che rappresentano soltanto il 30% della
distribuzione contro il 70% delle librerie di catena. Poco entusiasmante è
anche il dato riferito agli autori che gli italiani scelgono quando decidono di
acquistare un libro. In questa settimana, infatti, i nomi ai vertici della
classifica dei libri di narrativa acquistati sono Fabio Volo, Niccolò Ammaniti,
Maurizio De Giovanni, mentre per la saggistica brillano i nomi di Bruno Vespa,
Alberto Angela e Vittorio Sgarbi. Non che i testi prodotti da questi autori
siano poco interessanti, certo, ma ciò sottolinea come i gusti degli italiani
siano fortemente influenzati e condizionati dalla pubblicità e dalle
trasmissioni televisive. Il lettore medio, che entra in libreria una volta
l’anno, non conosce la maggior parte degli autori esposti e il più delle volte
opta per autori noti, di fama comprovata, per avere la garanzia di leggere
libri avvincenti ed interessanti. Ne consegue che molti titoli restano,
nonostante siano altrettanto meritevoli, abbandonati sugli scaffali per fare
ritorno ai magazzini dopo appena qualche mese.
Questo fenomeno non è certo dovuto ad un fattore di gusto. Gli italiani, infatti, hanno sempre minore consapevolezza di ciò che scelgono di leggere perché è sempre più spesso la pubblicità e la notorietà a scegliere per loro, tagliando fuori dalla propria sfera conoscitiva una serie di testi fondamentali per approfondire alcuni aspetti del mondo contemporaneo. Crisi della cultura, dunque, o piuttosto crisi della coscienza? Una domanda aperta a cui non è possibile dare una risposta univoca. Tuttavia, per uscire dal torpore sociale e culturale in cui il nostro Paese è piombato sembra risuonare un unico imperativo: leggere, leggere e ancora leggere.
Questo fenomeno non è certo dovuto ad un fattore di gusto. Gli italiani, infatti, hanno sempre minore consapevolezza di ciò che scelgono di leggere perché è sempre più spesso la pubblicità e la notorietà a scegliere per loro, tagliando fuori dalla propria sfera conoscitiva una serie di testi fondamentali per approfondire alcuni aspetti del mondo contemporaneo. Crisi della cultura, dunque, o piuttosto crisi della coscienza? Una domanda aperta a cui non è possibile dare una risposta univoca. Tuttavia, per uscire dal torpore sociale e culturale in cui il nostro Paese è piombato sembra risuonare un unico imperativo: leggere, leggere e ancora leggere.
Anna
Rita Santabarbara
(16
dicembre 2015)
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