Crisi
di valori, crisi di ideali, crisi culturale e sociale, crisi di identità e di
appartenenza a un tutto o a una parte. Forse i tempi che stiamo vivendo,
dopotutto, hanno una loro eccezionalità, quasi qualcosa di straordinario che
dovrebbe costringere tutti a capire che le risposte da dare a tutte le nostre
domande e ai nostri dubbi devono essere straordinarie e piene di eccezionalità.
Perciò questo particolare momento storico ci "sprona" di per sé a non aver paura dell’utopia: non
dobbiamo aver paura di immaginare risposte straordinarie alla crisi che stiamo
attraversando.
Quando
diciamo, spesso, che nulla sarà più come prima dobbiamo intendere questo: non
possiamo più rinvangare le vecchie proposte, i vecchi modelli; perciò occorre
pensare, occorre, in particolare, che i Paesi occidentali pensino ad un nuovo
ordine mondiale, senza falsa retorica o modelli e strutture di genere, di cui
facciano parte, organicamente da protagonisti, tutti coloro che sono stati
esclusi finora da ogni processo decisionale sull'ordine mondiale. In primis i Paesi
del terzo Mondo.
Quindi
non è irrealistico ripensare il concetto
di utopia così caro ai filosofi dell'Occidente a partire da Platone fino
alle utopie politiche e radicali del Novecento. La straordinarietà dei tempi
attuali chiama l'Occidente e l'intero mondo a ripensare e a ripensarsi nel
presente e per un futuro possibile e sostenibile, e occorre farlo tutti
insieme: nazioni sviluppate e sottosviluppate perché, in fondo, è il meccanismo
di sviluppo ad excludendum dei Paesi
ricchi nei riguardi di quelli più poveri e arretrati che sembra generare delle
forti contraddizioni, fra queste, in primo luogo, un terrorismo globale
pericoloso e distruttivo che non serve di certo la causa del progresso,
dell'emancipazione in ogni suo aspetto, del miglioramento sociale e umano in
ogni sua componente.
L'era
delle grandi utopie politiche e sociali è tramontata? È finita? Morta?
Facciamola risorgere con il minimo impegno di tutti proprio per la
straordinarietà dei tempi. Impariamo di nuovo a costruire visioni grandiose che
vadano sempre al di là della realtà quotidiana e della chiusura mentale la
quale caratterizza l'occhio "dalla vista annebbiata e opaca".
Immaginiamo, innalzandoci al di sopra del contingente e del banale, un mondo
vasto che contiene dentro di sé un'infinità di mondi possibili e anche reali:
la pluralità delle culture, la pacifica convivenza tra i popoli, le etnie, le
minoranze di ogni tipo. Diamo forza e parola all'utopia che trasforma e
riscatta, rende uguali e fa felici, pratica la solidarietà e l'amore, il
riconoscimento e il diritto ad esistere e a vivere.
Un sogno impossibile?
L'utopia non si è mai realizzata nel momento storico propizio, eppure ha
contribuito a liberare e a far prendere coscienza delle cose, a contrastare lo
strapotere di un gruppo, di una classe sociale, di una razza, di un'ideologia
egemoni. Secoli o addirittura millenni di storia ce lo confermano con le
rivolte, le rivoluzioni, i cambiamenti epocali avvenuti ciò malgrado e
nonostante tutto. Quindi l'utopia è ancora e sempre possibile, necessaria per i
popoli, le culture, i singoli uomini, l'intera civiltà umana oggi, più che mai,
come antidoto alle paure più angoscianti che ci attanagliano nella loro stretta
mortale e al loro enorme potere di distruzione.
Francesca
Rita Rombolà
(31 gennaio
2016)
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